martedì 1 dicembre 2009

Pensiamo insieme il vs. futuro

Cari ragazzi,
Collettivamente possiamo essere più perspicaci che individualmente, “il pensiero collettivo è come un fiume. I pensieri sono foglie che galleggiano sul fiume. Noi raccogliamo le foglie, che percepiamo come pensieri" (David Bohm, premio Nobel per la fisica). La maggior parte del pensiero ha origine collettiva. Ogni persona vi apporta qualcosa di suo, ma in linea di massima origina collettivamente. Dialogo deriva da dia logos. “Dia” significa attraverso, “logos” significa parola. Quindi: parola = significato che passa o si muove tra…
Attraverso il dialogo il gruppo può accedere ad una comprensione e ad un significato comune che non è raggiungibile singolarmente. L’intero organizza le parti, anziché cercare di riunire le parti in un tutto. Scopo del dialogo è andare oltre la comprensione di ogni singolo individuo. In un dialogo non cerchiamo di vincere. Vinciamo tutti se lo eseguiamo nel modo giusto. Dice Heisenberg: “La scienza è radicata nelle conversazioni. La cooperazione di persone diverse può culminare in risultati scientifici di eccezionale importanza”.
L’apprendimento collettivo non soltanto è possibile, ma è vitale per sviluppare il potenziale umano. Attraverso il dialogo le persone possono aiutarsi vicendevolmente a divenire consapevoli dell’incoerenza dei pensieri di ciascuno e in tal modo il pensiero collettivo diventa sempre più coerente. Molte società “primitive”, tra le quali gli indiani d’america, praticavano quest’idea.
Allora dialoghiamo insieme, dialoghiamo, per creare insieme un'immagine desiderabile e condivisa del vostro futuro, studiando insieme i metodi e i principi sulla base dei quali realizzarlo.
Come immaginate il futuro? proviamo ad affrontare questo argomento?

martedì 28 luglio 2009

Pensieri estivi in libertà: giovani e alcol, educhiamo i genitori a fare i genitori.

A Milano, il 17 luglio 2009 la Giunta ha deliberato la sanzione di 450 euro, che risulta ridotta rispetto ai 500 euro di sanzione prevista dalla legge, se pagata subito; il sequestro cautelare delle bevande e la confisca amministrativa per chi detiene, consuma o a chi cede anche a titolo gratuito, bevande alcoliche di qualunque gradazione ai minori di 16 anni. La sanzione sarà notificata ai genitori dei minori.
Il 67% dei 13-15/enni, beve il sabato sera. Di questi, il 20% si ubriaca nel fine settimana. Tra i teenagers risulta sempre più diffuso il fenomeno del 'binge drinking', cioè bere per ubriacarsi sei o più bicchieri in una volta, come anche l'abuso fuori pasto e le 'happy hours': queste abitudini incrementano del 70% il rischio del ricorso dei giovani al pronto soccorso.
Non si può fare finta di niente, certo non basta solo proibire, ma proibire serve. E se oltre che proibire e punire si incentivassero con uno sgravio fiscale le discoteche e i pub che organizzano feste analcoliche? Ma anche questo non può bastare, non si può risolvere un problema enorme e complesso con alcuni interventi, bisogna agire più in profondità.
Pare che i giovani bevano perché si annoiano. Da alcune interviste realizzate fuori da scuole e dalle discoteche sono emersi risultati spaventosi; circa il 70% degli intervistati si ubriaca regolarmente al sabato sera, il 40% almeno due volte al mese; il 60% non si ricorda o ha solo un debole ricordo di quello che ha fatto nel fine settimana.
“Cosa c'è di bello a star male di proposito e a non ricordarsi nulla o in parte di quello ci quello che si è fatto? A queste domande l'80 % dei ragazzi ha risposto: perché è la moda di oggi e poi lo fanno anche i miei amici.
Bere è prevalentemente quindi un mezzo per provare sensazioni forti, Emanuele Scafato, direttore dell’osservatorio nazionale sull’alcol dell’Istituto superiore di sanità sostiene che «I ragazzi bevono perché li fa sentire “cool”, cioè “fighi”. Anche le pubblicità, rivolte sempre di più a loro, danno questa immagine. Chi beve è sempre trasgressivo, bello, alla moda». Ma gli effetti sulla salute sono devastanti. «L’organismo dei giovani è ancora in evoluzione: l’alcol può rallentare lo sviluppo mentale e alterare le emozioni. Prima euforizza e poi deprime. Non è un caso che ci siano tanti ragazzi svuotati, con crisi di ansia e sbalzi d’umore». E i genitori? «Sono distratti. Spesso elogiano il figlio che beve il primo bicchiere di vino: “Stai diventando un ometto”» continua Scafato. l’alcol non va sottovalutato diminuisce la capacità di attenzione del 40 per cento, e provoca la metà degli 8.000 decessi dei ragazzi causati da incidenti stradali».
Ma cosa possono fare i genitori? Innanzitutto cogliere i primi segnali, per i giovani è più facile trasgredire lontani dal controllo dei genitori e degli adulti. Non si amano perché non è stato insegnato loro ad amarsi ed a rispettare innanzitutto sé stessi. Stanno in branco più di prima perché si sentono soli, i genitori hanno poco tempo per loro. Hanno per baby sitter la Tv, la consolle dei videogiochi, Internet, tutto senza controllo.
Segnalo un un "decalogo" per aiutare i figli a non cadere nella trappola dell'alcol
( Fonte: http://www.iss.it/ofad/alco/cont.php?id=24&lang=1&tipo=4)
1. Incrementare la capacità critica su ciò che la pubblicità promette e che poi, di fatto, non trova riscontro nella realtà quotidiana.
2. Dare il buon esempio, creando un ambiente familiare in cui la presenza dell'alcol è visibile, ma discreta e il consumo moderato.
3. Parlare ai giovani, fin da quando sono bambini, dei danni e dei rischi legati all'alcol.
4. Insegnare ai giovani che prima dei 15 anni l'apparato digerente non è ancora in grado di “smontare” l'alcol, perché il sistema enzimatico non è completamente sviluppato.
5. Far sapere alle adolescenti che l'alcol nuoce al feto. Il nascituro non è dotato di sistemi enzimatici capaci di smaltire l'alcol.
6. “Preparare” i giovani, informandoli su come le performance individuali cambino sotto l'influenza di un abuso alcolico.
7. Insegnare ai ragazzi a leggere le etichette e analizzare con loro le bottiglie e le lattine contenenti alcol da cui sono attirati per la forma, il colore e il sapore.
8. Spiegare ai giovani che il nostro organismo richiede nel tempo quantità sempre maggiori di alcol per provare le stesse esperienze di piacere.
9. Dimostrare che ci si può divertire anche con le sole bevande analcoliche.
10. I genitori dovrebbero non favorire un consumo precoce dando sempre un esempio di moderazione.

E se si istituissero scuole per educare i genitori a fare i genitori? I genitori sono i primi educatori dei bambini, il ruolo educativo dei genitori è un ruolo costituzionalmente protetto: “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”)( Art.30, Cost.) ma questo ruolo viene svolto empiricamente, occorre creare Scuole per i Genitori che si occupino non delle patologie e non degli interventi speciali , ma della più comune, normale, ordinaria attività educativa e didattica. A cominciare dalla nascita, e anche da prima, i Genitori devono essere in grado di occuparsi della crescita fisica, psichica e culturale dei loro figli. Solo così gli insegnanti potranno fare meglio il loro dovere di educatori in seconda. Serve urgentemente costruire interventi di formazione dei genitori e la scuola come comunità educante fatta di adulti responsabili deve saper prestare attenzione ai bisogni dei minori, deve dimostrarsi capace di vigilare ed essere coerente sia nelle parole che nei gesti.
Pina De Martino

mercoledì 14 gennaio 2009

Appprendimento sequenziale versus apprendimento olistico

L'allievo quando arriva a scuola non è un analfabeta, nel senso che spesso ha familiarità con molti alfabeti, li sa usare ed essi sono parte del suo modo di pensare, rapportarsi, agire. D'altra parte, appare spesso analfabeta rispetto all'unico alfabeto su cui si basa la scuola, che è quello libresco. Da questa disparità e rigidità di aspettative nascono non pochi problemi.
Nel concreto realizzarsi delle sue funzioni educativa e formativa, la scuola scinde gli aspetti della soggettività, privilegiando quelli legati al possesso delle capacità logico-linguistiche necessarie alle "esigenze curricolari", creando così le premesse dell'insuccesso scolastico, della frustrazione, o al contrario del successo, inteso però come "convergenza", riconoscimento del dato, compiacenza verso esso, comunque immodificabile.
L'Apprendimento per compartimenti, impone di organizzare la mente come uno schedario: tanti cassetti distinti per scienze, matematica, storia e arti linguistiche. Mettendo tutte le cose che si imparano in piccole scatole.
L'apprendimento olistico ha un approccio diverso, gli studenti olistici, organizzano le loro menti come ragnatele. Ogni pezzo di informazione è un singolo punto, e quel punto è coscientemente relazionato con tonnellate di altri punti della rete. Non ci sono scatole in questa forma di apprendimento.
Se osserviamo la struttura del cervello, sarà subito chiaro perché l'apprendimento a compartimenti, organizzato come nei sistemi a directory dei computer, non funziona. Il cervello è esso stesso una rete di neuroni. Creare centinaia di associazioni tra idee, significa che non importa da dove cominci a pensare, alla fine puoi sempre arrivare alle informazioni che ti servono. Se una strada è chiusa per qualche ragione, puoi prendere una delle altre centinaia di alternative.
Penso che sia sempre più necessario andare verso l'idea di un profilo formativo dell'allievo (inteso come sistema di talenti e di padronanze) in grado di produrre apprendimento significativo (Ausubel) attraverso lo sviluppo di una offerta culturale ancorata a modelli esperti di conoscenza, cioè alla capacità di cogliere le relazioni e non solo le strutture dei saperi (competenze metacognitive), utilizzando un metodo, che aiuti alla navigazione tra saperi.


Letture consigliate:
Raffaele Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo