L'allievo quando arriva a scuola non è un analfabeta, nel senso che spesso ha familiarità con molti alfabeti, li sa usare ed essi sono parte del suo modo di pensare, rapportarsi, agire. D'altra parte, appare spesso analfabeta rispetto all'unico alfabeto su cui si basa la scuola, che è quello libresco. Da questa disparità e rigidità di aspettative nascono non pochi problemi.
Nel concreto realizzarsi delle sue funzioni educativa e formativa, la scuola scinde gli aspetti della soggettività, privilegiando quelli legati al possesso delle capacità logico-linguistiche necessarie alle "esigenze curricolari", creando così le premesse dell'insuccesso scolastico, della frustrazione, o al contrario del successo, inteso però come "convergenza", riconoscimento del dato, compiacenza verso esso, comunque immodificabile.
L'Apprendimento per compartimenti, impone di organizzare la mente come uno schedario: tanti cassetti distinti per scienze, matematica, storia e arti linguistiche. Mettendo tutte le cose che si imparano in piccole scatole.
L'apprendimento olistico ha un approccio diverso, gli studenti olistici, organizzano le loro menti come ragnatele. Ogni pezzo di informazione è un singolo punto, e quel punto è coscientemente relazionato con tonnellate di altri punti della rete. Non ci sono scatole in questa forma di apprendimento.
Se osserviamo la struttura del cervello, sarà subito chiaro perché l'apprendimento a compartimenti, organizzato come nei sistemi a directory dei computer, non funziona. Il cervello è esso stesso una rete di neuroni. Creare centinaia di associazioni tra idee, significa che non importa da dove cominci a pensare, alla fine puoi sempre arrivare alle informazioni che ti servono. Se una strada è chiusa per qualche ragione, puoi prendere una delle altre centinaia di alternative.
Penso che sia sempre più necessario andare verso l'idea di un profilo formativo dell'allievo (inteso come sistema di talenti e di padronanze) in grado di produrre apprendimento significativo (Ausubel) attraverso lo sviluppo di una offerta culturale ancorata a modelli esperti di conoscenza, cioè alla capacità di cogliere le relazioni e non solo le strutture dei saperi (competenze metacognitive), utilizzando un metodo, che aiuti alla navigazione tra saperi.
Nel concreto realizzarsi delle sue funzioni educativa e formativa, la scuola scinde gli aspetti della soggettività, privilegiando quelli legati al possesso delle capacità logico-linguistiche necessarie alle "esigenze curricolari", creando così le premesse dell'insuccesso scolastico, della frustrazione, o al contrario del successo, inteso però come "convergenza", riconoscimento del dato, compiacenza verso esso, comunque immodificabile.
L'Apprendimento per compartimenti, impone di organizzare la mente come uno schedario: tanti cassetti distinti per scienze, matematica, storia e arti linguistiche. Mettendo tutte le cose che si imparano in piccole scatole.
L'apprendimento olistico ha un approccio diverso, gli studenti olistici, organizzano le loro menti come ragnatele. Ogni pezzo di informazione è un singolo punto, e quel punto è coscientemente relazionato con tonnellate di altri punti della rete. Non ci sono scatole in questa forma di apprendimento.
Se osserviamo la struttura del cervello, sarà subito chiaro perché l'apprendimento a compartimenti, organizzato come nei sistemi a directory dei computer, non funziona. Il cervello è esso stesso una rete di neuroni. Creare centinaia di associazioni tra idee, significa che non importa da dove cominci a pensare, alla fine puoi sempre arrivare alle informazioni che ti servono. Se una strada è chiusa per qualche ragione, puoi prendere una delle altre centinaia di alternative.
Penso che sia sempre più necessario andare verso l'idea di un profilo formativo dell'allievo (inteso come sistema di talenti e di padronanze) in grado di produrre apprendimento significativo (Ausubel) attraverso lo sviluppo di una offerta culturale ancorata a modelli esperti di conoscenza, cioè alla capacità di cogliere le relazioni e non solo le strutture dei saperi (competenze metacognitive), utilizzando un metodo, che aiuti alla navigazione tra saperi.
Letture consigliate:
Raffaele Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo
9 commenti:
"Che pedagoghi eravamo, quando non ci curavamo della pedagogia!" (Daniel PENNAC, 'Come un romanzo', Feltrinelli, Milano 1995, p. 15)
E' una breve citazione, ricca di vero pragmatismo e di sano realismo didattico.
Luciano Bubbola
Al di la della citazione la lettura complessiva del libro di D. Pennac mette in evidenza alcune storture dell'educazione non solo scolastica, ma anche familiare. Laddove, normalmente, la lettura viene presentata come dovere mentre ....... "Il verbo leggere non sopporta l'imperatívo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare'... il verbo "sognare"... Quindi "amore" per la lettura, quell'amore che un padre trasmette al figlio quando la sera gli racconta le sue storie preferite...
Bisogna leggere, bisogna leggere...E se invece di esigere la lettura il professore decidesse improvvisamente di condividere il suo personale piacere di leggere?
Come è evidente si ritorna al discorso della motivazione: la motivazione dell'alunno passa attraverso la motivazione del Docente
Pina De Martino
Concordo al 100% con quanto detto dalla mia Dirigente, prof.ssa De Martino; peccato che le 'motivazioni' dei docenti siano continuamente frustrate da stipendi inadeguati (per non scrivere da fame) e da continue riforme scolastiche contraddittorie e demagogiche...
Il piacere di leggere ha i suoi costi: economici e temporali; dove sono le 'risorse' per una scuola al passo con i tempi e con le sacrosante richieste degli allievi?
Pennac può, forse, ulteriormente aiutarci nel bel libro-denuncia 'Diario di scuola', ma, di sicuro, la Ministra Gelmini non l'ha neppure sfogliato...
Luciano Bubbola
Oggi in attesa di svolgere gli scrutini (compito ultimamente ingrato) di una classe alquanto 'vivace', un mio caro e valido collega (unica pecca, per me, è il fatto che insegni RC...) mi dà la fotocopia del discorso pronunciato da Tocqueville alla Camera dei Deputati di Francia il 17 gennaio 1844 (reperto già 'presistorico' per noi contemporanei!), dove nel dibattito sulla questione dell'insegnamento, il medesimo avanza il seguente dubbio:
"...ma l'educazione che è l'istruzione del cuore e dei costumi, è stata portata allo stesso livello?..."
Rifletto e attendo risposte da chi ne sa più di me.
Con fiducia e speranza
Luciano Bubbola
La scuola oggi non può non chiedersi quale sia il suo ruolo. Deve capire come muoversi per recuperare dignità al soggetto "in educazione". Perché di questo si tratta, di riscoprire un valore all’individuo. Le domande sull’uomo e sul suo costituirsi uomo rappresentavano il cuore della riflessione teorica, una riflessione che oggi spesso manca, ma che vale anche dopo le innumerevoli analisi psico-socio-pedagogiche. L’uomo “educato” è quello che dà determinazione alla sua libertà. quello che decide e si plasma per qualcosa a cui si dà valore o ha in sé valore? La scomparsa dell’educazione morale, sopraffatta dalle mille educazioni oggi di moda, ha determinato l’esistenza di un soggetto piatto e perplesso che non riesce più a capire l’importanza di cercare la strada. Ecco la necessità di una scuola in grado di indicare la via, che non dimentichi la sua ragione sociale, la sua funzione. L’educazione non è soltanto acquisizione di determinati elementi, ma è anche maturazione dell’individuo. È anche accostamento dell’individuo a valori. Non basta, nello svolgimento dell'attività istituzionale della scuola, il pieno rispetto dei diritti e degli interessi dello studente, bisogna promuovere lo sviluppo affettivo, cognitivo, relazionale della persona e il meta-valore della solidarietà.
Riflettiamo insieme e attendiamo risposte da chi sa più di noi....
Il fatto che la mente di tutti noi "funzioni" per associazioni di idee, accostandole per somiglianza o contrasto, è indiscutibile. Per questo è tanto più facile ottenere da i nostri allievi una esposizione e conprensione di tipo analitico, mentre il pensiero sintetico è un traguardo importante, a cui gli studenti pervengono solo quando ( e se)imparano a rielaborare le conoscenze e a porre le associazioni mentali in un rapporto logico non più casuale ma causale. Sembra facile!
Lidia
Mi scuso per aver postato prima di aver letto tutti i commenti (e dei refusi: anche io a volte mi adagio con superficialità al sostegno del controllo ortografico, che qui manca). Condivido pienamente il rammarico per la povertà di stimoli in cui sono costretti a crescere tanti dei nostri ragazzi. Qui non è tanto importante l'usare o meno il linguaggio delle moderne scienze pedagogiche (circa le quali, comunque, non farebbe male alla salute rinfrescarsi le conoscenze, per chi fa il nostro mestiere), quanto l'avvicinarsi con umiltà ai nostri giovani e sperare di inviogliarli, anche in minima parte, a riempire di contenuto vero, umano, il tremendo vuoto tutto esteriore in cui essi spesso si perdono.
Lidia
Per tutti quelli che realmente sono interessati a comprendere le 'demotivazioni' degli insegnanti e i frequenti atti di bullismo e di maleducazione degli allievi (al di là di certe teorie olistiche e/o sequenziali sull'apprendimento: teorie che faranno il loro tempo, come tutte le altre precedenti...), invito a leggere l'intervista rilasciata dal prof. Domenico De Masi (sociologo e docente presso 'La Sapienza' di Roma) su 'Il Corriere della Sera', lunedì 2 marzo 2009 (pp. 20-21).
Riporto solo un piccolo estratto, molto esplicativo su tali questioni didattiche:
Domanda - "E' d'accordo, quindi, con il cinque in condotta e con la filosofia che c'è dietro?"
Risposta del prof. De Masi - "Non sono un fan della Gelmini, tuttavia sono completamente d'accordo sul fatto che serva un nuovo corso sia per gli allievi che per i professori. C'è bisogno soprattutto di una politica di rivalutazione del docente. L'allievo è così indisciplinato perché vede il padre ricco e il docente povero, i genitori disinvolti e i docenti impacciati. L'insegnante oggi ha una condizione sociale complessiva che in una società basata sulla ricchezza lo squalifica agli occhi di un ragazzo".
Qui si tratta di puro e semplice pragmatismo: tutto il resto sono chiacchiere e atteggiamenti demagogici (olistici... naturalmente!).
Saluti
Luciano Bubbola
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